Il presidente del Cuoa Vittorio Mincato in occasione del Graduation day ha affermato “..La crescita che ha avuto il paese ha denunciato la carenza di capacità manageriali. Non si cresce solo con la tecnologia, serve l’intelligenza…sopravvivrà chi ha sbocchi sui mercati esteri, chi è ben strutturato e chi è stato prudente nell’indebitarsi.”
Purtroppo nelle nostre piccole medie imprese è ancora forte la tentazione di fare grossi investimenti tecnologici e destinare al contrario pochissime risorse allo sviluppo di competenze. Prendiamo lo sviluppo di nuovi mercati: viene al massimo perseguito con la partecipazione ad una fiera, pensando che questo sia sufficiente. Lo è se si ha un prodotto che non ha concorrenti, ma nel 99% dei casi questo richiede invece professionalità e tempo (nella mia esperienza di solito 1/2 anni prima di iniziare a raccogliere).
Purtroppo la nostra reputazione all’estero è quella di essere innovativi nel prodotto e con un buon rapporto qualità-prezzo, ma poco affidabili e senza il servizio che il mercato oggi richiede. Allora questa mentalità di continuare ad investire “nel nuovo impianto” trascurando un approccio più manageriale, non fa che alimentare questo stereotipo (tuttalpiù ci chiedono l’invio di qualche prodotto campione per capire meglio come è fatto).
Oggi però le nostre piccole medie aziende hanno di fronte una grossa opportunità: c’è un’ enorme offerta di professionalità sul mercato; tanti manager senza una stabile occupazione che offrono le loro competenze con modalità flessibili e a costi contenuti. Pensiamo per esempio allo strumento del temporary management.
Riprendiamo quindi volentieri l’invito del presidente del Cuoa e aggiungiamo che le aziende sono fatte di persone e di macchine. Per poter competere sui mercati queste due gambe devono essere entrambe robuste. Sennò si zoppica e prima o poi si cade.
E’ sicuramente una parte delle realtà, ma non è tutto così come tu descrivi. Spesso si perpetuano modi di fare perchè nessuno li ha mai messi in discussione. Il momento di crisi dei mercati che stiamo vivendo impone una rivisitazione critica di come stiamo facendo impresa. Soprattutto nelle imprese a conduzione famigliare.